Il periodo creativo di un artista è di una decade. Quella di Peter Hammill è stata quella degli anni settanta (il che non gli ha, naturalmente, impedito di donarci un bel poker di album romantici di pregio anche negli anni ottanta e novanta). Gli anni duemila, che Hammill ha affrontato da cinquantenne, sono divisi fra il ritorno on the road della band, i Van Der Graaf Generator, e la consueta quantità di dischi intimisti registrati in perfetta solitudine, tutti molto simili fra di loro - in rappresentanza dei quali si può eleggere uno per tutti Consequences, del 2012, che mi pare bastare ed avanzare.
Questo nuovo All That Might Have Been presenta, per la durata di ben tre CD, una serie di canzoni (canzoni?) senza soluzione di continuo, registrate nel corso di due anni nello studio casalingo, approfittando degli intervalli fra i concerti con il gruppo e quelli solisti.
Tre CD in cui si fatica a trovare una sola nota che non sia stata udita prima, o un solo momento che faccia rizzare le orecchie.
Anche se nessuno può onestamente pretendere da Hammill più dei tanti capolavori che ha già donato alla musica contemporanea (e senza averne probabilmente riconosciuto in cambio il giusto merito), dispiace comunque un po' che l'artista si sia ritirato nel confortevole rifugio della routine, rinunciando alla voglia di rinnovare.
D'altra parte è lui il primo a dichiarare che non ascolta più musica di altri, ed è proprio quando non si ha più voglia di imparare che si invecchia.
Un disco strettamente per fan. Il mio consiglio agli amanti di Peter Hammill è di non perdersi per nulla al mondo Damien Rice.
The creative period of an artist is a decade. The one of Peter Hammill were the seventies (that didn’t prevent him to give us a nice poker of romantic and valuable albums even in the eighties and nineties, of course). The years 2000s, that Hammill faced at fifty years old, are divided between the return on the road of the band, Van Der Graaf Generator, and the usual amount of intimate discs recorded in perfect solitude, very similar one to each other: you may elect one for all, Consequences, of 2012, which could be enough.
This new album presents, for the duration of three whole CDs, a series of songs (songs?) seamless continuous, recorded during two years in the home studio, taking advantage of the intervals between the concerts with the group and the solo ones.
Three CD in which it is hard to find a note that has not been heard before, or a moment that catch your ears.
While no one can honestly claim to Hammill more of the many masterpieces that he has already donated to contemporary music (probably without the right consideration in return), however, I feel a bit sorry that the artist has withdrawn in the comfortable refuge of the routine, giving up the desire to walk further on up the road.
There is a meaning in the fact that Hammill is the first to declare that he does not listen to much music in these days. When you lose desire to learn, that’s when you get older.
For Fans Only. My advice to lovers of Peter Hammill music is to give a listen to Damien Rice.
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