Judge Smith



Dietro ad ogni storia c’è spesso una leggenda. La leggenda dietro i VDGG si chiama Chris Judge Smith. Alla fine degli anni '60, Judge truccato da vampiro suonava varie percussioni (fra cui una macchina per scrivere) in un duo di cui l’altro elemento era il cantante Peter Hammill. Il duo si chiamava Van Der Graaf Generator, nome ideato da Judge durante un viaggio ad Haight-Ashbury, San Francisco.
Fu Judge a portare David Jackson nella band e poi a ritirarsi, complice la sua tendenza a tenere un basso profilo, quando si rese conto che dopo l’ingresso del batterista Guy Evans il proprio ruolo nel gruppo si era ridotto.

Da allora Judge non ha mai smesso di essere artista: ha scritto testi e musiche per il teatro, libretti per un’opera lirica, dischi di canzoni (concentrati soprattutto in questo millenio, grazie alle possibilità che la tecnologia ha offerto di realizzare uno studio di registrazione personale) e tre opere rock che definisce “songstories” fra cui Orfeas (con Lene Lovich, John Ellis e David Jackson), The Climber  e Curlys Airship, un enorme lavoro in due CD sulla storia del più grande dirigibile di tutti i tempi, il britannico R101 precipitato mentre tentava un impossibile viaggio verso l’India. Fra i collaboratori del lavoro i VDGG, Ray Manzarek e Keith Emerson.
Judge ha scritto canzoni di successo per Lene Lovich, come "What Will I Do Without You" e "You Can't Kill Me”, e la cantante ha partecipato di frequente ai suoi progetti.
Anche alcune note canzoni di Peter Hammill sono firmate da Judge Smith, fra cui "Been Alone So Long" (da Nadir’s Big Chance”), "Time for a Change" e "Four Pails”, e per lui Judge ha scritto il libretto di The Fall Of The House Of Usher ispirato ad Edgar Allan Poe.
Ha girato un corto musicale intitolato The Brass Band ed ha registrato persino un disco di musica per fisioterapia.


Ha collaborato con David Jackson ad uno spettacolo hi-tech per coro ed orchestra dal titolo The House That Cried (una storia ispirata alla realtà di una casa infestata da fantasmi di bambini morti in un incendio causato da una bambinaia malata d’amore) suonato per diverse volte di fronte ad un pubblico di centinaia di bambini, per avvicinare i bambini disabili alla musica.

Fra i dischi di canzoni di Judge il più popolare a tutt’oggi è probabilmente Full English, brit songs al 100%, anche se il nuovo disco, di imminente pubblicazione, promette di essere particolarmente aggressivo.


(in basso a destra assieme a Judge, il vostro vanitoso report)

collegamenti: il sito di Judge Smith 


VDGG > ALT



I Van Der Graaf Generator sono una band molto speciale per il pubblico italiano, e l'unico vero gruppo sopravvissuto della stagione del rock progressivo, considerando che sia gli Yes che i Jethro Tull in circolazione sono in realtà scampoli di passato che utilizzano il nome per mere necessità economiche (l'una senza il frontman, l'altra con solo quello). Dal 2005, anno in cui sono riapparsi come band (Peter Hammill non era mai scomparso, avendo più o meno sempre realizzato un disco all'anno a proprio nome dal 1969), il mio rapporto con la band ed i loro dischi si è piuttosto modificato; cresciuto direi. Da allora ho realizzato un sito (PH VDGG) che tiene traccia del loro lavoro negli anni, ho conosciuto personalmente Hammill, Banton ed Evans, li ho seguiti in concerto, ed ho assistito anche ad almeno uno dei migliori show di Hammill; esperienze che hanno modificato in modo sensibile il mio punto di vista sui loro dischi. Da allora un elemento portante del suono della band, il sassofonista David Jackson, se ne è andato (leggi: è stato allontanato) per problemi caratteriali, ed il trio superstite ha dovuto reinventare gli equilibri del proprio suono. In modo egregio in concerto, come dimostra Live At The Paradiso del 2007, fratello gemello del live Real Time del quartetto del 2005. In modo più strutturato in studio, con due album molto elaborati, molto studiati ed anche riusciti ed apprezzati dal pubblico come il lucido Trisector del 2008, un tentativo di rendere gradevole e contemporaneo le proprie canzoni, e lo sghembo A Grounding In Numbers del 2011, lavoro che i ritmi geometrici e l'esuberanza delle tastiere rendono più affine a certi EL&P se non Gentle Giant (Free Hand) che ai gotici e fiabeschi Van Der Graaf del passato. Gli show del trio dimostrano però che il nuovo materiale non costituisce nulla di più del tessuto sonoro da cui prendere il largo verso gli esaltati e visionari grandiosi affreschi del passato. Mi era capitato in cuor mio di rimpiangere in qualche modo una certa mancanza di coraggio del trio che si presenta al nuovo secolo (millenio) con sobrietà quasi a sottolineare di non essere legati a schemi sonori considerati troppo fuori moda: l'avanguardia ed il rock sinfonico. Qualche cosa deve essere scattato nel concepire ALT, perché qui il gioco dei Van Der Graaf Generator appare niente meno che ribaltato. Non solo ALT non è un disco educato e corretto, ma neanche è un disco che ripesca nel confortante mondo del noto e del passato. ALT non è niente di meno di un disco sperimentale, d'avanguardia, come quelli che comparivano nei negozi di dischi nel 1970 e poco oltre. Alla Pink Floyd o alla Can o Faust per intenderci - in effetti non assomiglia affatto ad alcun disco dei VDGG. Intanto Peter Hammill, tradizionalmente autore principale e front man, non canta neppure. C'era un secondo CD ad accompagnare quel Present del 2005 citato sopra (un doppio cd in studio! Merce più rara di un doppio vinile…), un disco di improvvisazione in cui il quartetto si riscaldava in studio di registrazione per ritrovare l'intesa dopo un così lungo silenzio, per registrare le nuove canzoni. Peter Hammill paragona questo ALT a quel lontano disco, ma si tratta più di un richiamo al metodo di lavoro che al suono; per effetto dell'affascinante sax di Jackson la seconda parte di Present era venato di improvvisazione jazzistica qui del tutto assente. Non piacque molto ai fans, ma mi accorgo che personalmente è il lavoro che preferisco fra quelli dei redivivi VDGG. Diversa è la sperimentazione di ALT: pura improvvisazione, senza alcun programma e senza nessun progetto, tanto che si tratta per lo più di riscaldamento di studio o di sound check, divertissement che non era previsto sarebbe stato udito da alcuno. Molto basata su batteria ed organo (e non c'è da stupirsene, visto che Hammill è più cantante che strumentista, e che qui decide di non cantare mai), richiama tanto una band che con i Van Der non ha mai avuto a che fare, i Pink Floyd cosmici di Ummagumma e tutte le band tedesche che ne sono rimaste influenzate, dai Tangerine Dream in la. E un po' di Soundscapes (nelle parti di Hammill).
Già di per sé un disco "sperimentale", il primo nel music biz dopo quarant'anni, avrebbe tutte le carte in tavola per essere tenuto in gran considerazione dai palati fini. Poi è anche molto agradable, a patto ovviamente di essere portati per il rarefatto suono cosmico dei nomi citati, dai Dream ai Floyd ai tedeschi. Si potrebbe obiettare che nessuno avrebbe avuto da ridire se in questa ora (e un minuto) di musica avessero trovato posto anche un paio di canzoni di Hammill, magari come quelle due che chiudono il suo recente disco solista Consequences che sembrano scritte apposta apposta per i Van Der Graaf. Ma non è nello stile di Hammill, rigido classificatore amante della pulizia e del rigore: se ALT doveva essere un disco di echi (Echoes) di improvvisazione nella nebbia, così lo deve essere dagli uccellini della prima traccia alle note dell'ultima.

Blue Bottazzi BEAT


consiglio per l’acquisto: musica strumentale improvvisata con suggestioni fra i Pink Floyd cosmici e i soundscapes.

rating del recensore: ★★★


VDGG World Tour 2012


VdGG in North America:

June
22nd Nearfest, Bethlehem PA
23rd Sellersville Theater, Sellersville PA
24th Ram's Head, Annapolis MD
27th Howard Theater, Washington, DC
28th The Regent Theater, Arlington MA
29th Tralf Music Hall Buffalo NY
30th The Concert Hall, New York Society for Ethical Culture, New York, NY - tickets here:

July
2nd Le Palais Montcalm, Quebec City
3rd Montreal Jazz Festival

VdGG in Japan:

August
23rd Club Citta, Kawasaki
25th Prog Fes Hibiya Open Air Theatre Tokyo

Peter Hammill Italian Tour 2012


Setlists:

Trieste, Teatro Miela 10/05/2012

The Siren Song(Van der Graaf 'song)
Too many of my Yesterdays
Just good friends
Bravest Face
Time Heals
Comfortable
Shingle Song
Central Hotel
Stumbled
Amnesiac
Patient
Faculty X
The Mercy
A Better Time
A Run of Luck
Traintime
Encore: Modern

Schio, Teatro Astra, 11/05/2012

The Comet, The Course, The Tail 
If I Could 
Driven 
Sitting Targets 
Been Alone So Long 
Last Frame (Van der Graaf 'song) 
Easy to Slip Away 
The Unconscious Life 
Close To Me 
Losing Faith in Words 
Undone 
Slender Threads 
The Habit of the Broken Heart (Van der Graaf Generator 'song) 
- On Tuesdays She Used to Do - Yoga 
A Run Of Luck 
Stranger Still 
Encore: Ophelia 

Milano, Salumeria Della Musica 13/05/2012

My Room - waiting for wonderland - (Van der Graaf Generator 'song)
That Wasn't What I said
Autumn
Meanwhile my Mother
Your Times Starts Now(Van der Graaf Generator 'song)
Vision
Last Frame(Van der Graaf 'song)
The Birds
Stumbled
Afterwards(Van der Graaf Generator 'song)
Modern
- This Side of - The Looking Glass
Bravest Face
The Mercy
A Run of Luck
Still Life (Van der Graaf Generator 'song)
Encore: House With No Door (Van der Graaf Generator 'song)


Dalla “Terra Incognita”, il cantore delle stelle e dei vuoti interiori e il suo tour italiano

“Le canzoni per me sono solo un pretesto, un vestito attorno all'emozione che raccolgo dall'aria e porto alla gente. Io sento quello di cui chi mi ascolta ha bisogno in un certo momento e suono quell'emozione, nessuna mia interpretazione sarà mai uguale all'altra”.
A cena, dopo il concerto di Trieste, queste le parole di un Peter Hammill intento a consumare a fatica mezza cotoletta con una foglia d'insalata.
Un uomo di un'eleganza e una cordialità estranee ad un paese chiassoso come il nostro che pure la sua musica ha amato più di qualsiasi altro, perchè teatrale, altamente manifestata, come in un “nostro” rito cristiano e pagano al contempo, tra donne urlatrici ma pie, dal viso coperto con un velo nero, mentre i fiori dispensano un tripudio di colori e il sole incendia il bianco delle case.
Perennemente sospeso tra una vitalità estrema e il senso di morte, il dramma nell'accezione più arcaica del termine e la grazia, Hammill, ha voluto dedicare all'Italia tre date davvero speciali per presentare il suo nuovo album Consequences, qui recensito poco tempo fa.
Una forma vocale eccezionale, capace di abissi sempre più terrifici con gli anni e vette ora urlate, ora appena sussurrate in un sofferto falsettone rinforzato da contraltista di formazione gesuita, quale è stato, che traghetta in una frazione di secondo al boato in voce piena.
L'immagine che resta è quella di un corpo esile che si contorce in continui spasmi su una chitarra e un pianoforte strazia(n)ti. Un uomo che non ha bisogno di vestirsi in un modo particolare (una lunga camicia bianca e un pantalone di tuta nera per tutte e tre le date) e che può permettersi anche indifferenza nei riguardi della perfezione esecutiva, relegandola come lui dice “ai cultori della musica classica”. Un'artista che non ha necessità di risultare presente sul palco in altro modo che non sia la messa in scena di sé, di ciò che gli è dato nel momento, con un'autenticità che non ha termini di paragone passati e presenti, ma moltissimi epigoni, dichiarati e non.
Tre date differenti, più misurata quella di Trieste, inventiva e a suo modo “perfetta” nel dispensare emozione senza riserve e accuratezza esecutiva quella di Schio, estremamente passionale quella milanese.
Il Teatro Miela a Trieste è gremito e l'organizzazione di Davide Casali e Musica Libera ineccepibile. Eccellente l'audio, pianoforte Yamaha gran coda, chitarra acustica, graditissima la presenza del Peter Hammill & Van Der Graaf Generator Study Group, uno dei massimi organi di studio mondiali della musica del cantore inglese.
L'inizio è dei migliori con una The Siren Song cantata con fervore e nitidezza vocale, il suono della voce tenuto alto sul palato e “di testa” con una risonanza, un pathos e un controllo di dinamiche che letteralmente “scuote” il pubblico dalle poltrone. I migliori episodi della serata sono le esecuzioni di Bravest Face, dal nuovo album, di gran lunga più apprezzabile dal vivo e di A Better Time, qui proposta in una versione inedita, sommessa, fino all'esplosione in un liberatorio, lungo acuto finale. Quando a cena gli chiedo del perchè di una performance così differente da quella in studio e dai live precedenti che mi sono passati tra le mani, Hammill, sicuro, risponde “quando ho scritto il pezzo era importante comunicare alla gente che non c'era alcun migliore momento per svegliarsi alla propria vita e il brano era un inno, oggi... ogni periodo storico merita di essere cantato in modo diverso”. I primi secondi di Shingle Song, cantati a cappella, sono da pelle d'oca. Ancora una volta, la performance di Patience, mostra come questo sia il brano che per quanto tecnicamente tra i più impegnativi, l'interprete inglese sa affrontare con una sicurezza senza riserve e grande resa emotiva, un capolavoro di classe compositiva e partecipazione interpretativa che merita l'entusiasmo del pubblico.
Da un concerto bellissimo a Trieste ad uno meraviglioso a Schio.
A rendere peculiare la data, felicemente organizzata dall'associazione 'Schiolife' e Claudio Canova, la scelta di esibirsi inizialmente alla chitarra e, poi, al piano - un insolito Yamaha digitale - attraverso una formula inconsueta con ben 4 set diversi: chitarra - piano- chitarra e pianoforte ancora, un inedito nella storia delle esibizioni di questo artista. Poi, la dedica introduttiva a Driven e Sitting targets: scelte per 'il paese della macchina'. Schio, appunto. Dove nel 1892 viene acquistata - da Gaetano Rossi - la prima autovettura italiana.
Ma ancora... Levitas. Ecco come meglio qualificare l'approccio di Hammill al palcoscenico di Schio, Teatro Astra. Anche a fronte delle liriche più 'pesanti'. Si veda la divertita spiegazione a corollario dei (drammatici) versi di Close to me. “Non sono io in pericolo” - afferma PH - riferendosi, sorridendo, al testo. Non tutto è autobiografico, aggiunge, in italiano: “Io scrivo delle storie”. E subito - mettendo(ci) in guardia dal rischio, costante, dell'equivoco, dell'incomprensione - si lancia in una indimenticabile Losing faith in words, gemma assoluta del concerto. La fonte: A Black box, 1980. L'album che ogni seguace di Tom Yorke “dovrebbe” accostare. Il concerto ha inizio con una Comet, magica come non mai, al piano apre invece una splendida Easy to slip away dal primo vero disco solista del 1973. Magie anche nel secondo set di chitarra: Slender Threads e Yoga con Been alone so long e la inattesa accoppiata Last Frame e The habit of the broken heart, pescate dall'ultimo album dei "vecchi" Van der Graaf.
Un'altra sorpresa il secondo set di piano con la splendida A run of luck prima della conclusiva Stranger Still, sussurrata, con il finale - “a stranger, a wordly man”- rivolto al pubblico, intonato senza microfono.
La sobria, concisa eleganza nei gesti, la sicurezza esecutiva - rade le imperfezioni, pure pensando al recente passato - ed i frequenti sorrisi - incluso il consueto saluto: “grazie per la sera” - hanno catturato per cento minuti gli oltre duecento presenti. Sino all'ovazione finale. Con Hammill - sfinito - indotto a scusarsi per la mancata concessione di un secondo bis, richiesto a gran voce, dopo Ophelia, alla chitarra, con un pathos in più. Difficile esprimere giudizi diversi dal superlativo. Hammill a Schio ha confermato la grande forma vocale ma ha aggiunto una cura nella esecuzione strumentale in un concerto bellissimo, con una scelta di brani assolutamente inedita e dilatata in un passato importante quanto in un presente rappresentato con grande urgenza interpretativa.
Pausa di un giorno e poi Milano, la Salumeria della Musica. Tra i pochi templi della musica ormai sopravvissuti in una città che “era”, anche, culla culturale e che ora è divenuta sintesi della nevrotica sopravvivenza, di chi “fa” e non sa perché.
Un club ben più raccolto rispetto alle precedenti location, cosa che consente di accogliere e amplificare (grazie anche ad un'eccellente regia audio) ogni minima sfumatura interpretativa della voce di questo cantore delle stelle e dei vuoti interiori, qui spesso condotta a un drammatico canto gutturale con prolungati kargyraa che manifestano con cupa chiarezza il valore espressionista delle “canzoni”. Il tema della serata, dirà Hammill è “Il passato e il presente” e su tale assunto è organizzata la scaletta. Il primo è ben presentato da intense versioni di Last Frame, Vision, Modern e House With No Door, le ultime due, giustamente, salutate dalle standing ovation di un pubblico calorosissimo, con la presenza, tra le altre, di una folta e colorita rappresentanza del sito rockprogressive.it, che ha raccolto preziosi documenti dell'evento. Hammill, ha saputo, a modo suo, ringraziare con una serata che resterà nella memoria collettiva molto a lungo. Al presente sono ascrivibili le versioni di That Wasn't What I Said e A Run Of Luck da Consequences, The Mercy e Stumbled da Thin Air, Your Time Starts Now da A Grounding in Numbers dei Van Der Graaf Generator, per chi scrive, mai apprezzate in versioni così vibranti e pulite in un'esecuzione dal vivo, tali da creare una distanza non colmabile nel confronto con quelle in studio.
Assai riduttivo, come nei due precedenti appuntamenti, parlare di “concerto”. Un recital, che riduce la dimensione temporale ad una piega davvero imperscrutabile, che toglie significato alle categorie musicali e che ha il potere di impaurire, commuovere, stranire. L'alieno (al mondo) Rikki Nadir di Nadir's Big Chance (concept proto punk del 1975), ha voluto salutare ancora l'Italia da vicino e tra un sorriso e un'increspatura del viso sempre più scavato a fondo dal tempo, ha fatto ritorno in quella “Terra Incognita”, studio dove prendono forma le sue lucide e drammatiche visioni, “per studiare i brani della prossima tournée con i Van Der Graaf Generator” come ci racconta dal palco lui stesso. A Giugno il prossimo capitolo discografico di una carriera che, ormai, ha dell'incredibile.

Claudio Milano
- contributi per Schio di Emilio Maestri (Peter Hammill and Van Der Graaf Generator Study Group) e Alberto Della Rovere -
Foto e video a cura di Massimiliano Cusano (rockprogressive.it)

PH > Consequences


Fie! Aprile 2012

Eat My Words, Bite My Tongue (5' 29'') 
That Wasn't What I Said (5' 18") 
Costantly Overheard (4' 18'') 
New Pen-pal (4' 04") 
Close To Me (4' 05")
All The Tiredness (5' 54") 
Perfect Pose (7' 02") 
Scissors (5' 17") 
Bravest Face (4' 39") 
A Run Of Luck (3' 55") 

All songs by Peter Hammill 
Recorded and mixed at Terra Incognita, Wilts 2011/12 
Produced, played and sung by Peter Hammill 

note: (lo sto ascoltando)
consiglio per l’acquisto: il miglior album solista del nuovo secolo
rating del recensore: ✭✭✭✭


PH 2012